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Domande sulla Felicità.

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Quando si è diffusa l’idea che potevamo essere felici? A che età l’abbiamo scoperta? In quali condizioni si è sviluppata questa idea? È la stessa idea che ci accumuna a una donna giapponese o a un uomo pakistano? La nostra idea di felicità ci serve a renderci felici? Oppure ci intralcia? La sua diffusione è un indizio di impoverimento culturale e una mera illusione o rivela l’amore per la vita e la determinazione a cambiare l’avvenire? Chi ci ha mai reso felici? E chi abbiamo reso felice? Come ci siamo riusciti? Come è cambiata la nostra idea di felicità nel tempo? Che frutti ha prodotto? Come l’abbiamo immaginata: larga o stretta, momentanea o solida, voluta o dovuta, alta o bassa, originale o comune, solitaria o condivisa, finita o infinita, indipendente o dipendente, scoperta o inventata? È bella o sana, strana o normale, eroica o tranquilla? Prevede il male o lo esclude? Che se ne fa degli errori e delle opportunità? Come maneggia il passato? Lo concepisce remoto, prossimo, storico, fisso e immutabile o revisionabile e creativo? Come si rapporta al futuro? Lo concepisce breve, lungo, corporeo o infinito? Il suo presente che confini ha? È l’attimo, il giorno, l’epoca o l’era? Quale è lo spazio che la comprende? Prevede frontiere? La nostra idea di felicità è innocua, priva di effetti collaterali, non dolorosa? Può far del male agli altri? Esiste una storia della mentalità felice, un’antropologia delle comunità sorridenti, una città della felicità, uno stato felice? Come riconoscere le competenze di un maestro di felicità? E quelle di un campione? Il bene dona felicità sempre? E il bello, il vero e il giusto? La felicità è un valore che si nutre di altri valori? E cos’è un valore? Quali altre domande ci siamo fatti sulla felicità? Come arriva, perché, che cosa è, come si mantiene e si difende, come si sviluppa, come si riconosce? A quali abbiamo dato risposta? A quali abbiamo cambiato risposta? A quali altre non abbiamo dato risposta? Raggiungerla è più semplice che imparare una professione complicata? Se è più difficile, quanto l’abbiamo studiata, ci siamo preparati, allenati, formati per raggiungerla e superarla?

Se hai solo provato a pensare a tre risposte a questo sproloquio di domande (in verità un sunto), sei entrato nella regione dell’epochè. In questa zona tutto ciò che viviamo in modo naturale viene come sospeso, messo fuori gioco, osservato in modo distaccato, disinteressato, senza pregiudizi o valutazioni. La regione dell’epochè è la matrice delle possibilità, qui vige la conoscenza, la ragione, il sentimento e la creatività che vedono le idee e le elaborano in libertà. La felicità è un paradigma, forse quello più importante perché guida tutti gli altri. Entrare nell’epochè fa della felicità l’opportunità della vita che si merita, prima ancora di quella che si vuole.

Fare un percorso di coaching umanistico è regalarsi questa opportunità.

21 Ott, 24