L’importante è che fai quello che ti piace
Per anni la ricerca di un lavoro era dominata dall’analisi delle possibilità offerte dal mercato (processo di adattamento) e dalle indicazioni autoritarie benevole (se non contraddette) dei genitori (che si differenziavano per genere). Con i rivolgimenti culturali degli ultimi decenni e con la crisi del contesto socio-economico (pensate agli sbocchi incerti di giurisprudenza o economia oggi), si fa strada l’esigenza dell’autorealizzazione, la ricerca di essere se stessi. Che differenza rispetto al passato!
I genitori di oggi, quelli più illuminati, trasmettono ai propri figli l’idea che il lavoro deve essere una scelta libera, fondata sull’impegno e sull’onestà. La frase “l’importante è che ti piaccia” accompagna i ragazzi sulle soglie di una rivoluzione paradigmatica radicale: dall’adattamento imposto alla ricerca della vocazione. Il problema è che porta sulla soglia ma non la attraversa. Rimane sul confine. E’ come se l’adolescente all’entrata di un mondo nuovo fosse lasciato da solo. Il lavoro come piacere è un’indicazione, una coordinata, una suggestione, che apre un percorso di esplorazione. Ma quali sono le mappe e le bussole, gli strumenti di navigazione e le provviste per esplorare una nuova modalità di essere nel mondo?
Uno spunto successivo al piacere può essere l’invito a scoprire una vocazione. La vocazione va oltre il piacere, che sembra più appartenere a una sfera rilassata e disimpegnata, evoca amore per un campo, una sorta di missione personale. Ma come trovarla?
Un altro punto può essere scoprire il proprio talento. Ma cosa si intende per talento? E’ un dono genetico che si rivela nel fare qualcosa di difficile in modo facile o qualcosa che chiunque può sviluppare?
Attenzione: le deviazioni verso vicoli ciechi sono numerose. Per scoprire la vocazione è necessario un lavoro introspettivo? Per scoprire il talento è sufficiente vedere i voti a scuola? Per scoprire la propria missione basta far leva sul piacere? Cominciamo a intravedere già solo sulla soglia che il mondo dell’autorealizzazione non è un’autostrada dritta, ma un labirinto denso di insidie e straordinarie promesse. Ed è proprio l’iniziale conoscenza di questo labirinto che getta le nuove generazioni in una situazione di crisi, in una sorta di fatica impaurita di come essere se stessi. “Per aspera ad astra” rincuorerebbe Seneca. Ma le stelle non si vedono ancora mentre si affrontano le difficoltà. Come affrontare allora la ricerca della vocazione? A che livello porla? Che differenze c’è fra potenzialità, capacità e talento? Quale contributo possono dare gli adulti che seguono i ragazzi? Quali strumenti possono essere utili agli adulti che vogliono cambiare rotta, visto che il tema anche per molti di loro, come per me, è stato ed è decisivo per la propria vita? A questo risponde un percorso di coaching umanistico! Perché oltre alle domande, a volte servono strumenti per dare risposte.